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DIARIO DEL MIO CAMMINO DI SANTIAGO... PASSANDO DA PAMPLONA
Una mattina salti in sella alla tua moto e parti. La sera prima ti sei preoccupato di sistemare tutti i bagagli dentro e sopra i bauletti, allacciati bene per non rischiare di perdere qualcosa. La meta? Santiago di Compostela, Spagna!
Ecco come comincia il mio Cammino di Santiago. E il diario? Il diario invece ha inizio un anno prima. La vita degli appunti del mio viaggio nascono dall'idea (malsana?) di farlo.
E giù bozze di percorsi, tappe, analisi di distanze... modifiche su modifiche, dubbi, certezze.
Eh si, partorire il tragitto e le tempistiche finali non è stato semplice. Incastrare il tutto senza rischiare di lasciare vuoti e tempi morti ha necessitato di tante valutazioni, ma la cosa più drammatica era che erano tutte valutazioni da prendere sulla base delle informazioni estrapolate da Google e Maps. Nessun'altra conoscenza mi apparteneva.
Poi, dal giorno della partenza, un'escalation di eventi mi hanno proiettato in luoghi magici dei quali il solo mio ricordo non può bastare. C'è bisogno di condividere con altri quell'esperienza divisa tra il mistico pellegrinaggio e l'avventura turistica di un tizio qualunque in sella alla sua moto.
Ci metti dentro anche un po' di Lourdes e tanto, dico tanto di Pamplona nell'ultimo giorno della sua fiestas de San Fermin, e viene fuori una storia che "s'a da vivere" assolutamente, almeno una volta nella vita.
Al cospetto di Maria di Lourdes ti inchiodi in mille riflessioni dettate da un luogo in cui non c'è altro spazio che per quelle e per le preghiere. A Pamplona, invece, sono altre mille riflessioni completamente diverse. Qui comanda l'umana "debolezza" dedita al divertimento più spudorato, tinto di alcol e compagnia, accompagnato da musiche e urla (di gioia), paniere di estremi momenti di una festa che più folklore non potrebbe esprimere.
Infine, Santiago de Compostela, San Giacomo, al cui abbracciarsi si rivela un momento di pura magia mistica.
Basta così, bisogna leggere tutto per riuscire ad entrare veramente in quello spirito che il libro vorrebbe trasmettere.
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DIARIO DEL MIO CAMMINO DI SANTIAGO... PASSANDO DA PAMPLONA
Di Paolo Ventrice - Ed. Selfpubblishing
Nasce da un sentimento sconosciuto, questo viaggio. Si plasma in maniera, oserei dire, innaturale, sospinto da una forza che nulla ha di normale, ma, soprattutto, che non pensavo potesse appartenermi.
La narrazione di questo diario di viaggio va al di là del pellegrinaggio stesso, sia per come è nata l’idea, sia per la modalità con cui è stato sognato prima, pensato poi, ed infine realizzato. E’ un racconto minuzioso nei particolari oggettivi e anche di quelli relativi ad un aspetto introspettivo che mi ha accompagnato durante il percorso.
Tutto prende il via dalla curiosità scaturita da una chiacchiera tra amici. Una molla scattata forse per pura sfida con me stesso, forse per destino sopraggiunto.
L’analisi del viaggio, le sue sfumature, i vari percorsi attuabili, i giorni, i luoghi, tutto è stato messo sotto processo nell’arco di un anno di programmazione. Ma l’aspetto più pragmatico è stata la scelta della data di partenza: assolutamente e rigorosamente legata alla festa di San Fermin in quel di Pamplona.
Tutto il viaggio è ruotato attorno ai giorni in cui sarei potuto essere dentro quel mondo dal folklore unico ed inimitabile. La considero una perla incastonata in una collana d'oro.
Ecco perché Hemingway e Coelho. I due autori, per motivi diversi, hanno vissuto, l’uno Pamplona, l’altro il Cammino di Santiago e ne hanno narrato compiutamente le esperienze assunte.
Tutti e due sono entrati a far parte del “mio” cammino. In loro ho cercato motivazione e aiuto, nozioni e “consigli”, lumi che potessero contrastare il buio che avvolgeva il mio progetto. Tutti e due mi hanno dato la giusta spinta, seppur ciò che avevo cercato in essi non fosse ciò che alla fine ho trovato. Come dire: le aspettative a volte ti sorprendono e anziché trovare ciò che ti serve, scopri dell’altro. Sta a te saperlo usare.
La prima parte del libro è la narrazione di un programma modificato più e più volte, dove traspare anche una lieve emozione, non eccessiva ancora. La caratteristica principale è l’assoluta solitudine della mia figura nel progetto, tanto che per compagnia si aggiunge “spontaneamente” la piccola Trilli, anima, compagna e coscienza aggiunta di tutto il viaggio.
Poi, alla vigilia della partenza le emozioni cambiano radicalmente. Una serie di paure prendono il sopravvento quasi su ogni scena del film che avevo costruito in mente, contrastate, fortunatamente, dall’eccitazione dell’imminenza del peregrinaggio.
Il viaggio stesso, frutto di sogni raccontati nella prima parte del diario, cambia spesso aspetti anche, a volte, fondamentali. Si adegua moderatamente alla strada, ai tempi, variando spesso quel programma così attentamente studiato e sviluppato.
Ci sono cose che vanno da sé, se lasci fare. Ci sono strade che percorri nella vita, che non sapevi potessero esistere. Ed un giorno appaiono, sconosciute e affascinanti, ti rapiscono e ti portano con sé… e ti lasci trasportare.
E’ bastato salire in sella ed accendere il motore, chiudere il casco, abbottonare il giubbino, inserire la marcia e partire… tutte le paure della vigilia svanite in un solo attimo.
La strada calda, l’aria fresca, il senso di libertà… tutto il resto, per chi viaggia in moto, non esiste. E’ un continuo guardarsi attorno, meravigliarsi, godere di tutto, di ogni elemento.
Così si accumulano i chilometri, le ore passate in moto, gli incontri con altri riders nei vari autogrill… l’aperitivo a Campo de’ fiori nel centro di Roma (piccola chicca prima di avviarmi all’imbarco di Civitavecchia), la nave, il viaggio in mare, la povertà dei migranti scappati dalle terre natie e ostili, i trambusti notturni e la mondanità di una giornata tra sole e vento sulle acque del Mediterraneo.
E poi Barcellona, la sua notte, i suoi piatti, la sua Rambla. Il primo percorso con deviazione non programmata che anziché portarmi direttamente sul luogo dell’inizio del mio cammino, mi spinge delicatamente verso Lourdes. Una cavalcata sui Pirenei con un tramezzo toccante, al cospetto della vergine e di Bernadette, dettato da riflessioni profonde. Quindi finalmente a Saint Jean Pied de Port per raccogliere la fatidica Compostela del Cammino di Santiago, prima della strada che mi porterà fino al cuore di Pamplona.
Questa città ha un capitolo a parte. Vige un mondo strano, diverso, è incredibile quello che si apre ai miei occhi. Lo vivo nell’unica notte in cui vi dimoro, ma una notte basta e ti resta per sempre. Ci giungo per la curiosità dei tori in corsa per strada ad inseguire umani (non molto sapiens a mio avviso) e me ne vado con un bagaglio che mai cancellerò e che sarà per sempre un ricordo tra i più intensi e belli della mia vita in viaggio.
Disegno ogni aspetto, ogni curiosità, ogni elemento di quella notte, e anche della mattina successiva, quando, invece della partenza programmata, mi regalo, accidentalmente, un ulteriore spettacolo e nuove ed inattese emozioni. Il capitolo di Pamplona improntato sulla minuziosa narrazione di una notte incredibile è il centro del mio viaggio; la perla.
Ancora solo due giorni e sarebbe giunto, invece, il diamante: San Giacomo. E qui parliamo di un aspetto emozionale diverso, più intenso e figlio di non so ancora quale richiamo. Un momento di preghiera abbracciato al santo seduto, vale davvero ogni fatica.
L’uscire da Santiago e prendere la via del ritorno, non dà più le emozioni di prima. Il viaggio si consuma con le visite molto turistiche e senza aspettative particolari delle città che oltrepasso, niente di più.
Infine, le mie ultime ore di viaggio, da Roma fino a casa, durante il quale ridisegno tutte le emozioni provate. Rimarcate col senno di poi, aumentano visibilmente d’intensità. Alimentano ogni ricordo, ogni attimo, anche quelli che potrebbero sembrare iniqui al senso del viaggio stesso. E proprio queste ultime emozioni cambiano stato, riaccese dal rimembrare, e cominciano ad occupare il giusto posto, ad assumere il giusto ed equo significato nel puzzle del mio Cammino di Santiago. Finché, al sopraggiungere del cartello che indica Palmi, la mia città, un brivido, il più profondo di tutti, non chiude definitivamente il capitolo “Santiago”.
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