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Come al solito è sempre il falso poeta che esiste in me a buttare giù qualche riga ritmata, spinto dal piacere immenso di poter lasciare qualche riflessione, di poter sottolineare, man mano che i giorni trascorrono, quello che assume importanza relativa nel lungo processo della vita e lascia un segno.
Da un animo introspettivo non ci si può aspettare coriandoli e festoni, piuttosto, una visione romantica delle cose. A volte profonda, se si tratta di ricordi. Per cui, tra le false rime delle pagine seguenti sarà facile incontrare personaggi a voi sconosciuti, paesaggi che appaiono dal nulla e che sembrano essere dipinti incorniciati.
Tutto ciò che leggerete, però, è reale. E’, o è stato, parte della mia vita e parte delle mie riflessioni; è un pezzo fatto di codici binari che scorrono nel mio cervello e che ho provato a trascrivere, a tradurre in un linguaggio comprensibile. Forse non abbastanza intellegibile, perchè legato a momenti e ricordi miei, al mio mondo, a qualcosa di sconosciuto per voi che leggete.
La mia speranza è che almeno alcune delle righe e rime che spulcerete nelle pagine di questo libro, possano lasciarvi dentro qualcosa, possano turbarvi per un attimo, regalarvi un fremito, magari anche solo per un’assonanza, per il risveglio di un’immagine ormai andata, per una figura del passato, per un colore.
Anche se fosse uno soltanto di voi a sentire una qualsiasi emozione scaturita dalle false rime di questo falso poeta, io avrò vinto!
I miei libri
Estratti da VENTI MEDITERRANEI
La guardiola di Leonida Rèpaci - Foto di Eugenio Crea
Catturato dalla bellezza di una foto che ritrae uno dei posti più emblematici dello scrittore Leonìda Rèpaci, mi immergo nel sogno di vivere lo stesso attimo dello scatto. Mi pongo al centro della foto e ne percorro il sentiero, i gradini, godo dei colori, dei profumi, del vento che spinge dal mare.
Vedo anche, o meglio, sento la presenza sua, mentre seduto, leggo un libro.
Ho rubato un disegno profondo,
rapito dai colori e dai suoni
che una foto, a sua volta, rubò al mondo.
L’ho nascosto e portato qui con me
e ora, in silenzio, scrivo rime false
dedicate a un poeta che non c’è.
E’ un verde contrasto che sereno prevale
su un azzurro etereo che fresco si staglia
fino all’oro splendente, punto focale.
L’aria ti abbraccia fresca e delicata
e tu la senti anche al sol guardare,
andando distratto per la scala incantata.
Brilla il raggio che sul mar galleggia
e mi soffermo, curioso e in silenzio:
si cela ancora lo scrittore... e aleggia.
Lo vedo, lo sento e mi guardo intorno…
Seduto sul ciglio della sua guardiola
mentre apro un libro, in attesa del suo ritorno.
Tengo ancora con me il dipinto rubato,
non oso ridarlo indietro e voglio tenerlo.
Rubar non è reato, se lo fai perchè rapito.
I did stole a deep drawing,
kidnapped by colors and sounds
that a photo, in turn, stole from the world.
I hid it and I brought it here with me
and now silently I write false rhymes
dedicated to a poet who is not here.
It is a green contrast that serene prevails
on an ethereal blue that is looms
up to the shining gold, focal point.
The air embraces you fresh and delicate
and you feel it even when you look at it,
going distracted by the enchanted staircase.
Shines the that ray on the sea floats
and I pause, curious and silent:
the writer is still hidden ... and hovers.
I see it, I feel it and I look around ...
Sitting on the edge of his guardroom
wile I open a book, waiting for his return.
I still hold the stolen painting with me,
I don’t dare to it back and I want to keep it with me.
Stealing is not a crime, if you do it because got kidnapped.
Un compagno di scuola è sempre qualcuno che ti riapre la memoria a giorni allegri e spensierati.
Anche quando se ne va, contornati da un buio strano, i ricordi riaffiorano e, magici, ti portano un sorriso.
Nel labirinto dei ricordi,
con occhi bassi
e il suo timido fiatar,
un uomo solitario stava
che mille forze nascoste
stringeva e non mostrava.
Dove sei ora, caro amico
che tacito osservavi
il delirio del muoversi intorno
e silente replicavi,
col sorriso distratto
e il capo chino?
Lieto era l’incontrar
per strade e cantoni
l’esile tua figura
e d’obbligo mi venia
il ripensar al passato
che giovini vivemmo.
A te caro amico
che in silenzio sei andato,
voglio donar pensiero e rima.
Questo falso poeta, mesto,
in un momento di pianto,
al ricordo si lega... e sorride.
La maestosità di un regalo divino che fa godere, ad ogni sera, lo spettacolo di un tramonto unico che fonde il rosso, il giallo e l’arancione al blu del mare e all’azzurro del cielo, fino a fondere tutto il panorama in un grande dipinto viola con sfumature incredibili.
La magia della Calabria e della sua Costa Viola.
Fu fato divino e buono
quel che mi portò qui,
a rimirar senza sosta,
un dipinto viola, incorniciato.
La destra mano di un pittore,
per la sua musa amata,
dipinse un capolavoro
che in sogno gli era giunto.
Cominciò col fondo azzurro
di un mare fresco e cristallo
e poi dipinse il blu cobalto
e i contorni di isole incantate.
Poi d'un tratto, a sera giunta,
quel blu soave e delicato
divenne un viola illuminato
e di ambrato gli cinse il cuore.
E si sfuma, si fonde,
con mare e cielo si confonde.
Il pittore esterrefatto
è ancora lì che lo contempla.
Non sa spiegare il suo fatto,
ma confuso e innamorato,
lasciò così il suo disegno,
perpetuo dono all’occhio attento.
Il dipinto viola, coi suoi contorni,
cattura l'uomo che qui fa tappa
per ammirare, sereno e stupito,
il porpora e l'oro del suo tramonto.
Passeggiando in un parco archeologico della mia città, dove si sono susseguite antiche civiltà, dall’età della pietra e fino all’era romana e poi oltre. Fra teatri e strade si erge una torre a guardia delle incursioni saracene.
Al passar tra questi ruderi
un fremito intenso percorre
il mio pensare e le mie membra.
Pietre di antico splendore
e mura vaghe e cancellate
dal tempo, spesso, risoluto,
non riescono a nascondere
lo spirito di un popolo perduto.
Erbe selvagge e aspri rovi
proteggono miti e antiche leggende,
ma invano bloccano il passaggio
a chi di storia vuol nutrirsi.
Quante mani son passate
e quanta gente vi è vissuta...
Qui la storia passa indenne
e lascia dietro una scia infinita.
Al calmo calar del tramonto
un suono soave avvolge l’intero.
Tra il cinguettio della rondine,
il musicar del mare innanzi
e un gabbian che strilla al vento,
si staglia eretta e maestosa
una torre a far da vedetta,
contro il saraceno costruita e posa.
Dall’alto della nobile guardiana
odo suoni sconosciuti
che in sottofondo e sfumati
narrano e rievocano il passato…
Il martello del fabbro al ferro,
il fendere l’arma del centurione
e poi, sulle note di un cantico avo
riesplode di vita l’eterno bastione.
Una mano scorre lieve
sul secolar baluardo
e al passaggio delicato,
la pietra vecchia e stanca,
un po’ si sperde e si riduce.
Ma ostinata e fiera, dov'è nata,
senza più tempo e senza nemico,
resta in piedi la torre di veduta.